L’assurdo mestiere
Ci metterò la mani e un genio da inventore
Ci metterò un dolore che so io
Ci metterò l’asfalto e il sogno di un attore
Che appoggia il manoscritto sul leggio
E tirerò il cemento come un muratore sa non è possibile
E tesserò una tela che sarà una vela grande e irrestringibile
E tergerò la fronte con la mano aperta per il gran sudore
E accorderò strumenti con il tocco esperto che ha un suonatore
Mi metterò seduto lì a impagliare sedie per sedermi insieme
Mi stupirò di non averlo fatto mai e di averlo fatto bene
Perché c’è sangue, c’è fatica, c’è la vita
Anche se a volte ci si spezza il cuore
In questa assurda specie di mestiere
Benedetto tu sia per quel ciuffo di pelo nero
Che se l’hai fatto tu non è cosa brutta davvero
E per le storie eterne dei cartoni animati
Per quei pazzi o quei saggi che li han disegnati
E per quel che si mangia si respira e si beve
Per il disegno allegro della pipì sulla neve
E per le cose tonde e per le cose quadre
Per le carezze di mio padre e di mia madre
Per il futuro da leggere invano girando i tarocchi
Per le linee della mano diventate rughe sotto gli occhi
Perché tutto è sbagliato ed è così perfetto
Per ciò che vinco e ciò che perdo se scommetto
Tu sia benedetto
Benedetto tu sia
Per avermi fatto e messo al mondo
E per quel che ho detto prima ti perdono
Di non avermi fatto alto e biondo
Ma così stupido e così vero
Con l’eterna paura dell’uomo nero
E del viso bianco come calce
Di quella sua signora con la falce
Che come tutti prima o poi mi aspetto
E per cui altri ti han benedetto
Ma io no
Mi dispiace ma sono solo un uomo e non ne son capace
Ma c’è una cosa che ti chiedo ed è un favore
In cambio del bisogno del dottore
Mentre decidi ogni premio e ogni castigo
Mentre decidi se son buono o son cattivo
Fa che la morte mi trovi vivo
E se questo avverrà io ti prometto
Che mille e mille volte ti avrò benedetto
E se per caso non ci sei come non detto
E avrò davanti agli occhi la mia mano aperta per il troppo sole
E andrò verso la notte con il passo calmo di un seminatore
Aspetterò seduto lì per dare un nome all’ombra di qualcuno
Che per un poco sembrerà sia tutti e non sarà nessuno
Perché c’è sangue, c’è fatica, c’è la vita
Anche se a volte ci si spezza il cuore
In questa assurda specie di mestiere
Che è l’amore
25 novembre 1950 – 4 luglio 2014
Doveva capitare, prima o poi, che ci incontrassimo qui. La fortuna ha voluto che fossimo soli. Lui mi guarda e ha la forza di non abbassare gli occhi. Io lo guardo e ho la debolezza di non distogliere i miei.
dal suo libro Tre atti e due tempi, 2011
Ciao Giorgio,
Purtroppo la morte, vivi o morti ci trova
sempre
Grazie per questo omaggio a Giorgio,carissima
Un abbraccione
Mistral
Questa è una bellissima canzone, ha un testo “poetico” e mi sembra il modo migliore per salutare un artista a tutto tondo.
Grazie per aver condiviso Mistral.
Primula
Grazie per questo bel ricordo cara Primula.
Insieme a te ringrazio e saluto Giorgio.
Primula
Un poliedrico artista e riascoltare oggi i suoi pezzi che in alcuni passaggi mi sembrano profetici mi rattrista un pò.
un caro saluto
Affy
È vero; questo in particolare sembra proprio un epitaffio, molto profondo come erano anche le sue battute comiche che, nonostante la risata che scatenavano, contenevano e contengono acute osservazioni sulla natura umana.
Pensa che l’ho seguito fin dai suoi esordi, ho letto alcune pagine dei suoi romanzi e la scrittura era davvero il suo “mestiere”.
Grazie Affy.
Buona domenica
Primula
Ciao Primula, Giorgio Faletti ci mancherà, ci mancherà la sua creatività, la sua fantasia, il suo humor, la sua arte.
Ciao Andrea! 🙂
Verissimo ciò che scrivi. Era un bel talento. Speriamo che i media nel tempo non si dimentichino di lui, come hanno fatto con altri grandi.
Grazie del passaggio Andrea.
Primula