Canto dei morti invano
Sedete e contrattateA vostra voglia, vecchie volpi argentate.Vi mureremo in un palazzo splendidoCon cibo, vino, buoni letti e buon fuocoPurchè trattiate e contrattiateLe vite dei vostri figli e le vostre.Che tutta la sapienza del creatoConverga a benedire le vostre mentiE vi guidi nel labirinto.Ma fuori al freddo vi aspetteremo noi,L’esercito dei morti invano,Noi della Marna e di MontecassinoDi Treblinka, di Dresda e di Hiroshima:E saranno con noiI lebbrosi e i tracomatosi,Gli scomparsi di Buenos Aires,I morti di Cambogia e i morituri d’Etiopia,I patteggiati di Praga,Gli esangui di Calcutta,Gl’innocenti straziati a Bologna.Guai a voi se uscirete discordi:Sarete stretti dal nostro abbraccio.Siamo invincibili perchè siamo i vinti.Invulnerabili perchè già spenti:Noi ridiamo dei vostri missili.Sedete e contrattateFinché la lingua vi si secchi:Se dureranno il danno e la vergognaVi annegheremo nella nostra putredine.
Primo Levi, La Stampa 27 febbraio 1985
testo pubblicato nel libro Auschwitz, città tranquilla con altri racconti.
I potenti della terra immaginati adunati in una riunione plenaria, rinchiusi fino al raggiungimento di un accordo di annullamento perpetuo di guerre, armamenti nucleari, genocidi, persecuzioni, segregazioni, ogni circostanza nefasta in cui l’uomo diventa un numero, un individuo l’elemento di un calcolo percentuale.
Un’amara accusa allo «spregiudicato gioco politico» (ultime parole del libro I sommersi e i salvati, 1986) che oggi come ieri governa le sorti dell’umanità.
Un testo del 1985 che, con la lista dei morti invano, parla a noi, si rivolge al presente. Se Primo Levi fosse ancora in vita, avrebbe senza dubbio allungato l’elenco. La voce del canto non riferisce solo quanto successo, mantiene soprattutto in ansia su quello che accade oggi: lager libici, affondamenti nel Mediterraneo, duecentocinquanta minori non accompagnati trattenuti in condizioni disumane a Clint nel Texas, a pochi chilometri dal confine col Messico, circa quattro milioni di rifugiati siriani nei campi profughi in Turchia, genocidio dei Rohingya, laogai cinesi, migranti in Bosnia in ciabatte e seminudi nel gelo, tendopoli di Lesbo…
anche questo un inventario certamente incompleto.
La giornata della memoria serve a ricordare che Auschwitz «è stato», (Se questo è un uomo), ad affrontare e risolvere quello che è, a evitare quel che sarà. Così ha davvero un senso profondo.

